Un Martini perfetto
Lo invitò a sedersi per degustare a dovere un martini perfetto, e, cogliendo l’ammirazione negli occhi di Carvalho, l’improvvisato barman disse di aver imparato a preparare i suoi eccellenti martini in Sicilia, sotto la guida di un barman italiano che aveva lavorato negli Stati Uniti, ma non a New York, no, a San Francisco, Baltimora, Newport.
Era un barman che aveva ricevuto molti premi e il suo segreto stava nella quantità, piccolissima, di vermut, quanto basta per un accenno di profumo necessario a mutare il sapore, vagamente di formalina, presente nei gin migliori.
“Detesto il gin puro.
Lo adoro, invece, nel martini o nel gimlet” ribattè Carvalho con il suo personale e assai meditato discorso sul posto del gin nel mondo, reso discutibile dalle perversioni della memoria di diverse generazioni che si erano ubriacate eccessivamente di gin con ghiaccio. Era un cocktail molto planetario, molto adolescenziale, molto seducente, che però aveva finito per suscitare un esteso rifiuto del gin in quasi tutta l’Europa e quasi tutti gli Stati Uniti.
(“Millennio”)
(Manuel Vazquez Montalban)